“Qui, in certi momenti, ho l’impressione di essere una superficie liscia sulla quale si riflettono le persone, i cartelli sospesi sopra le teste”.
La Ernaux ci ha abituati alle sue autobiografie che hanno tanto di critica sociale o di sedute dallo psicoterapeuta.
Questa sua opera è diversa, ma non si discosta molto dai suoi canoni di osservazione della società e di riflessione sulle consuetudini della vita quotidiana.
Per un anno intero, l’autrice costruisce un diario di entrata e uscita dall’Auchan del luogo in cui risiede. Un anno di appunti, di note fatte di visi, colore della pelle, carrelli pieni di spesa. E il cibo diventa occasione per sgombrare il cervello dai soliti pensieri ed immergersi nelle vite degli altri.
Lei stessa è una cliente alle prese con merendine, bottiglie di vino, cibo per gatti.
Osserva se stessa e gli altri in un luogo in cui la vita si ferma, o tende a fluire più di quanto si possa immaginare.
È un reportage che si legge nel giro di un’ora, ripeto, non è il classico titolo imperdibile dell’autrice ma, per noi che la amiamo, diventa comunque ulteriore testimonianza di quanto la scrittura della Ernaux sia sublime, ed incredibilmente chiara.
Luna

speciali le tue recensioni. Bella serata
Grazie sempre a te
sorrisi