Domani nella battaglia pensa a me

“Rimane l’odore dei morti quando non rimane altro di loro. Rimane quando rimangono ancora i loro corpi e anche dopo, una volta lontani dagli occhi e sepolti e scomparsi. Rimane nelle loro case finì a quando non le si fanno arieggiare e sui loro indumenti che ormai non si lavano più perché ormai non si sporcano e perché si trasformano nei loro depositari “.

Mi sono profondamente commossa di fronte a tanta bellezza.
La trama è delicata e intensa allo stesso tempo.
Un uomo vede morire tra le sue braccia la sua giovane amante, nella casa della donna, con il figlio di due anni che dorme nella stanza accanto.
Così ha inizio questa storia improbabile. O possibile.
Perché tutto può accadere leggendo Marías, e tutto può rimanere finzione. In questa storia potente, i fantasmi prendono vita e tormentano gli uomini con la loro estenuante presenza.
Ogni lato oscuro dell’essere umano si ripresenta sotto forma di racconto, per trovare forza nella spiegazione della realtà, in quello che sta dietro il percepibile.
Gli uomini senza nome acquistano un volto e comprensione. Le parole cercano di trovare posto tra le nubi oscure del tradimento.
La realtà può apparire crudele e deforme per poi trovare il giusto posto nel disegno della vita. Una vita che sembra fatta di eventi casuali, che si rivelano frutto della mano degli uomini, attenti a non fare rumore, a distrarre il suono dell’umana esistenza.
Nei miei post non racconto mai la trama dei libri che ho letto. Non lo faccio mai.
Oggi, tuttavia, ho raccontato l’inizio della storia. Perché è davvero poco in confronto alle riflessioni, all’estrema compassione e ai pensieri che escono fuori dalle pagine immense di questo romanzo.
Ogni capitolo è un dolore cocente in tutto il corpo.
È come sentire il becco di un animale oscuro che punge, e spinge continuamente contro la tua carne. E la fine è una pace sofferta. Un’emozione risolta.
Amo Marías. Lo amo quando parla dei nostri morti, e della mancanze, e degli odori trattenuti.
Lo amo per tutto quello che rende possibile. Quando è impossibile.
Luna

Domani è ieri. E sono 9 anni.

Se questo è un uomo

Io credo che proprio a Lorenzo debbo di essere vivo oggi; e non tanto per il suo aiuto materiale, quanto per avermi costantemente rammentato, con la sua presenza, con il suo modo così piano e facile di essere buono, che ancora esisteva un mondo giusto al di fuori del nostro, qualcosa e qualcuno di ancora puro e intero, di non corrotto e non selvaggio, estraneo all’odio e alla paura”.

Leggere questo libro è come passare un lungo inverno.
È come patire la fame. È come una costante paura.
È un romanzo che non ha certo bisogno di presentazioni.
Quando si era nel Tagesraum, cameretta di sei metri per quattro non vi era tempo nè posto per avere paura. Bisognava avere cura di tenere alto il naso per trovare aria nellla compagine umana, calda e compatta.
Nessuna preghiera risultava propiziatoria, non si poteva credere in Dio là dentro.
Il vecchio Kuhn pregava ad alta voce, e appariva un insensato: nessun perdono potrà arrivare, nessuna espiazione dei colpevoli.
Non potrò certo dimenticare la piccola Emilia di tre anni; bambina curiosa ed intelligente che era riuscita a fare il bagno durante il viaggio nel vagone gremito.
Poco prima di morire.
Schlome invece era un ebreo polacco, un ragazzino entrato nel lager da bambino.
Faceva il fabbro e ha accolto Primo Levi sulla soglia della casa dei morti.
E poi Lorenzo, un buono di cuore, che elargiva il bene per il semplice piacere di farlo.
Un cuore dolce, un benefattore. L’ultimo capitolo parla della storia dei dieci giorni, di come Primo Levi si è salvato proprio perché debole e malato, costretto a rimanere ricoverato per la scarlattina.
Chi è veramente l’uomo? È colui che spara e uccide? Colui che non riesce a sotterrare i morti perché ha troppo fame e freddo? Colui che mangia il pane del compagno morto da pochi minuti?
Chi sono veramente gli uomini?
Forse l’uomo è il sopravvissuto, il superstite, il salvato.
Chi può dire se questo è un uomo. Chi stabilisce quando si ritorna alla vita.
Chi può dire se, dopo aver vissuto tutto questo, un uomo può davvero tornare alla vita.
Bisogna non dimenticare mai.
A futura memoria.
Luna

La gatta

“Devo aver avuto un presentimento, per accendere a quell’ora la luce e leggere. A pensarci bene, la mia insonnia di questi giorni doveva dipendere dall’assenza di Lily; senza rendermene conto la stavo aspettando. Mentre pensava a queste cose le lacrime le sgorgavano dagli occhi “.

Questo piacevole racconto lungo narra una sottile vicenda che lega le anime di tre persone che hanno fatto parte di una famiglia. Anzi, quattro se contiamo la dolce gatta Lily.
Shōzō è un uomo pavido e noncurante.
Ha scacciato la prima moglie grazie alla complicità della propria madre e dell’amante, e passa le sue giornate in compagnia dell’affettuosa gatta, in casa con lui da molti anni.
La nuova moglie, Fukuko, lo tiene sempre d’occhio e lo controlla in quanto conosce le abitudini del marito, fannullone e infantile come pochi.
La giovane coppia vive in compagnia della madre di Shōzō che ha preso a buon cuore la nuova sposa del figlio.
Tutto procede come sempre fino a quando la prima moglie di Shōzō chiede a Fukuko che le venga affidata la gatta Lily, per poter tenere almeno in casa l’animale che tanto le ricorda il marito che l’ha abbandonata.
Sembrerebbe un invito innocente, una richiesta da parte di una donna sofferente e sola, ma le sue parole, impresse in una breve lettera, cambieranno qualcosa nelle coscienze di tutti i protagonisti fino ad innescare pensieri ed azioni diverse in ognuno di loro.
Vi consiglio di immergervi in questa lettura leggera e rilassante.
Vi ho incuriositi?
Luna