
“Nella vita, scendere è molto più difficile che salire”.
Ho letto pareri controversi sull’ultima opera di Murakami H., e tutti per lo più negativi.
Il perché non lo so, ma forse riesco ad immaginarlo.
I lettori di questo noto autore si aspettano zone in penombra, mondi paralleli, realtà oniriche.
Qui Murakami parla chiaro, e parla di suo padre. Ci narra dell’infanzia del suo genitore, delle innumerevoli tradizioni giapponesi – come quella del noviziato in vista di un’eventuale adozione – della guerra e dei ricordi strappati ai racconti.
È un laconico memoir, molto intimo e personale.
Si legge tutto d’un fiato e fa bene al cuore.
Ammetto che le storie familiari sono il mio punto debole, e lo è anche Murakami, quindi non fidatevi di me.
Oppure fidatevi e leggetelo.
Il gatto è un pretesto per parlare di legami, di amore e di ritorni.
Nella vita dovremmo imparare a tenere aperte le porte.
Per permettere a chi ci vuole, di entrare senza permesso.
E a chi vuole ritornare, di ritornare.
Luna